pergamena 7

Data:
18 Dicembre 2021

pergamena 7

Il testo riguarda una delicata questione politico-diplomatica che investe le sorti dell’Italia. Il papa si avvale qui disinvoltamente delle armi spirituali per rivendicare il ruolo di arbitro in uno scontro di potere fra due contendenti. Il primo di questi è Manfredi, il figlio naturale di Federico II che, dopo la morte del padre, era stato proclamato re di Sicilia contro il volere papale e poteva coordinare efficacemente le forze ghibelline nell’Italia centrosettentrionale. Il testo dipinge questa figura a tinte fosche: Manfredi viene tacciato di “disumana perfidia” e di molte mostruosità minuziosamente elencate: essere un “velenoso eretico”, “perseguitare i fedeli”, turbare la pace, avere come fidi alleati quei saraceni, che suo padre aveva fatto radunare nella roccaforte di Lucera, nel nord della Puglia. Siamo di fronte a un ritratto esasperato, intonato a una retorica già ampiamente sperimentata dal papato durante gli anni di Federico II: se quest’ultimo era considerato negli ambienti curiali come l’Anticristo, il testo che qui leggiamo è pronto ad affermare che Manfredi “può perfino superare la crudeltà paterna”. Un ritratto antitetico è quello che si delinea per il secondo contendente in causa, Carlo d’Angiò, conte di Provenza e fratello del re di Francia Luigi IX. Carlo è dipinto come uomo giusto, difensore della fede, pronto a obbedire agli inviti del papa. Clemente IV lo aveva investito nel febbraio 1265 del Regno di Sicilia, dopo lunghe negoziazioni: il 30 aprile aveva stipulato con lui un vero e proprio trattato, che fissava una lunga serie di clausole. Carlo avrebbe dovuto conquistare in armi il Regno di Sicilia con il favore della Chiesa, cosa che avvenne grazie all’esito della celebre battaglia di Benevento, nel febbraio 1266, ove Carlo uscì vincitore e Manfredi perse la vita. La nostra lettera testimonia dunque i fervidi preparativi: cosa poteva fare di meglio il papa se non indire una vera e propria crociata contro l’eretico Manfredi e accordare a coloro che avrebbero accolto l’invito gli stessi benefici spirituali di chi partiva per combattere in Terrasanta? E a chi affidare la predicazione della crociata – che rappresentava un aspetto delicatissimo sul piano di quella che oggi chiamiamo ‘comunicazione politica’ – se non ai frati Minori, così versati nella predicazione alle folle urbane? Ma c’è di più: nel testo il papa accorda anche quaranta giorni di indulgenza a quei fedeli che si sarebbero recati ad ascoltare le prediche, anzi – come recita il dettato – che vi “correranno con fervore”. 

Ultimo aggiornamento

18 Dicembre 2021, 09:52