pergamena 8
Data:
18 Dicembre 2021
In questa lettera papa Niccolò IV si rivolge al ministro generale e a tutti i frati Minori. Vale la pena ricordare che Niccolò IV, originario di Ascoli, fu il primo papa a provenire dalle fila dell’Ordine dei Minori. Il testo ha il pregio di gettare uno sguardo su alcuni aspetti della prassi canonica del XIII secolo. Quando un fedele abbracciava una dottrina o metteva in atto comportamenti al di fuori dell’ortodossia cattolica, o ancora si macchiava di gravi peccati, veniva “fulminato” – si usava proprio questo verbo – dalla scomunica e veniva estromesso dalla comunità. Quando invece era un’intera comunità a porsi al di fuori delle regole, la punizione canonica prendeva il nome di interdetto. Il caso non era infrequente: anche Osimo, ad esempio, nel corso del Duecento fu colpita più volte da tale provvedimento. Nel 1240, per aver aderito al partito imperiale ed essersi allontanata dall’obbedienza papale, non soltanto la città fu colpita da interdetto, ma fu perfino privata della sede episcopale, trasferita a Recanati. Nel periodo dell’interdetto ogni città veniva sottoposta a forti restrizioni: non si potevano celebrare le messe, né i sacramenti, con l’eccezione del battesimo e dell’eucarestia destinati ai morenti; non era inoltre concessa la sepoltura in terra consacrata. Ora, il testo di Niccolò IV concede ai frati Minori di operare in un regime di mitigazione delle pene spirituali: durante il periodo dell’interdizione, i frati sarebbero infatti stati autorizzati a confessare i peccati, a leggere l’ufficio divino, a celebrare le messe, purché lo avessero fatto a porte chiuse, senza il suono della campana e con voce sommessa. Queste disposizioni offrono la preziosa opportunità di farci immergere in una città lontana nel tempo, nella quale la gestualità e perfino il paesaggio sonoro erano modellati su un codice di valori spirituali condivisi.
Ultimo aggiornamento
18 Dicembre 2021, 09:54